Sappiamo tutti che un sonno regolare e ristoratore è fondamentale per una vita sana e appagante. Ma ora emerge un nesso anche con il rischio di diabete.
Dormire bene dovrebbe essere la normalità per tutti: siamo fatti per essere attivi di giorno e riposare di notte. Altrimenti ne va del nostro benessere e della nostra salute. Invece, un sonno regolare, riposante, ristoratore è sempre più un lusso per pochi. Complice lo stile di vita imperante al giorno d’oggi, dallo stress alla sovrastimolazione del nostro cervello, con la fatica mentale che spesso supera di gran lunga quella fisica e crea uno squilibrio che poi si ripercuote in altri e più gravi problemi di salute.
Dal mondo scientifico è appena arrivato un nuovo campanello d’allarme sui rischi legati a un cattivo sonno. Un’équipe di ricercatori ha analizzato il rapporto che lega il diabete di tipo 2 e la privazione del sonno, fenomeno oggi molto diffuso e imputabile a una molteplicità di cause. Ecco la conclusione a cui sono giunti e di cui tutti dovremmo far tesoro.
Dimmi quanto dormi e ti dirò se ti ammalerai
Nel corso del loro studio i ricercatori hanno confermato che l’adozione di abitudini alimentari sane contribuisce in modo decisivo a ridurre il rischio di sviluppare il diabete. Ma “le persone che seguono una dieta sana e dormono meno di sei ore a notte continuano ad avere un rischio maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2”, avvertono. Il rischio è particolarmente alto per coloro che dormono da tre a cinque ore. Per condurre la ricerca, il team scientifico ha utilizzato i dati della UK Biobank, un database di quasi mezzo milione di partecipanti, e ha seguito una serie di individui per più di 10 anni.
Parallelamente, un gruppo di ricercatori della casa farmaceutica Novo Nordisk, produttrice dell’Ozempic, ha annunciato che il farmaco per il trattamento del diabete può anche ritardare la progressione della malattia renale cronica nei pazienti diabetici. La scoperta si basa su uno studio iniziato nel 2019 e che ha coinvolto 3.533 pazienti con diabete di tipo 2 e malattia renale cronica da moderata a grave. Gli scienziati hanno confrontato l’uso settimanale di un milligrammo di semaglutide iniettabile con un placebo, entrambi combinati con il trattamento standard per l’insufficienza renale. È così che gli esperti hanno scoperto che, oltre a rallentare la progressione della malattia renale, la somministrazione di semaglutide riduce il rischio di morte cardiovascolare e renale del 24%, rispetto al placebo.