Crisi economica. Chi è povero diventa sempre più povero. E chi è ricco, soprattutto le casse statali, si arricchisce sempre di più.
Purtroppo l’euro, a distanza di oltre 20 anni dal suo ingresso, non è stato questo grande affare per le casse degli italiani. Gli stipendi si sono di fatto dimezzati, mentre le tasse e le spese si sono raddoppiate. E il sistema di domanda e offerta purtroppo non aiuta, si lavora tanto ma si fa fatica a pagare i conti, le bollette, le tasse e anche la spesa alimentare.
Che cosa si può fare dunque? Sicuramente non chiedere aiuto allo Stato, che continua a chiedere dazio ai cittadini, a domandare spese su spese attraverso tasse, sanzioni, e chi più ne ha più ne metta. E soprattutto, non si riesce ad avere quasi sgravi fiscali, soprattutto non nella misura in cui una persona che ha uno stipendio medio possa in qualche modo respirare.
Eppure ci sono moltissime persone che sono in ritardo con i pagamenti delle tasse, di qualunque misura esse siano, e di qualunque genere esse siano. Perché gli stipendi purtroppo non bastano, i datori di lavoro lesinano sui compensi e le tasse sono sempre più stringenti.
Recentemente si è discusso in Corte di Cassazione circa l’esenzione dal pagamento dell’Imu di una Società. Una questione spinosa, culminata con la sentenza secondo cui la mera crisi di liquidità non può essere invocata come causa di forza maggiore che ha impedito di pagare una scadenza fiscale. Se invece fosse stato possibile invocare la causa di forza maggiore, allora in quel caso si sarebbe potuto evitare il pagamento.
Nella fattispecie si è presentato un caso relativo a una società operante nel settore sanitario e un Comune soggetto attivo. La società non aveva pagato l’imposta locale e ha ricevuto l’avviso di liquidazione col quale si chiedeva l’imposta dovuta e anche le sanzioni e gli interessi. In prima istanza è stata “graziata” invocando l’applicazione dell’art.6 comma 5 del dlgs 472/1997 il quale stabilisce che : “Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”.
Tuttavia in sede di cassazione è stata revocata la sentenza perché secondo i giudici di Piazza Cavour non è sufficiente descrivere il fatto impeditivo nelle sue connotazioni oggettive e soggettive, ma la circostanza eccezionale deve essere tale da aver impedito l’avverarsi del fatto nonostante fossero state prese tutte le cautele adatte ad evitare l’inadempimento.