Naspi, in alcuni casi anche chi si dimette può percepire l’assegno mensile che spetta a chi ottiene l’indennità di disoccupazione.
Quando un lavoratore subordinato perde involontariamente il lavoro ha diritto ad avere la Naspi, cioè l’indennità di disoccupazione erogata dall’Inps. Ma cosa succede quando è il dipendente a dimettersi? Ha ancora diritto a ottenere la disoccupazione?
Per capirlo bisogna anzitutto partire dai requisiti necessari per poter accedere alla Naspi che sono innanzitutto lo stato di disoccupazione: la persona deve trovarsi senza lavoro, perso involontariamente, e deve dichiarare online (attraverso il portale nazionale delle politiche del lavoro) di essere immediatamente disponibile a partecipare alle misjytfure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego
La non volontarietà dello stato di disoccupazione è un altro requisito fondamentale. Sostanzialmente si parla di tutti i casi di licenziamento (incluso quello disciplinare). Per richiedere la Naspi servono poi almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. E nel caso delle dimissioni?
Il requisito dell’involontarietà della condizione di disoccupazione preclude in genere la Naspi a chi si dimette volontariamente o risolve consensualmente il rapporto di lavoro. Quando però sono presenti gli altri presupposti, in alcuni casi particolari di di dimissioni e di risoluzione consensuale si può comunque accedere alla Naspi. Ecco quali sono.
Il lavoratore dimissionario può ottenere la Naspi in caso di dimissioni per giusta causa. In altre parole, quando il lavoratore lascia l’impiego non per sua libera scelta ma a causa di comportamenti altrui che non rendono più possibile la prosecuzione del rapporto lavorativo. Ma non solo: può avere la Naspi anche la lavoratrice madre che si dimette nel periodo tutelato di maternità (vale a dire tra i 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio).
Stesso discorso per il lavoratore padre che rassegna le dimissioni durante il primo anno di vita del figlio, a condizione che abbia goduto del congedo di paternità obbligatorio o del congedo di paternità alternativo in caso di morte, di grave infermità della madre, di abbandono o di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Nel caso della risoluzione consensuale, il lavoratore può godere dell’indennità di disoccupazione in due casi specifici: quando la risoluzione è avvenuta nel contesto della procedura obbligatoria di conciliazione (come previsto dall’articolo 7 delle norme sui licenziamenti individuali) oppure quando il lavoratore rifiuta il trasferimento a una sede distante oltre 50 km dalla propria residenza o raggiungibile mediamente con in mezzi pubblici in 80 o più minuti.