L’ultima riforma normativa ha introdotto importanti novità per i pensionati che si trovano ad affrontare debiti nei confronti dell’Agenzia delle entrate e della riscossione (AdER).
A partire dal 2018, infatti, è stata abbassata la soglia oltre la quale l’Amministrazione può trattenere somme direttamente dalla pensione o dal Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per saldare debiti fiscali.
Se prima il limite era fissato a 10.000 euro, ora è sufficiente un debito pari o superiore a 5.000 euro perché scatti il meccanismo di verifica degli inadempimenti e, eventualmente, il blocco dei pagamenti.
Oltre questa cifra di debito ti pignorano la pensione
La base giuridica che regola queste disposizioni è l’articolo 48 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n.602, integrato e modificato nel corso degli anni da successive leggi finanziarie e decreti. Questo articolo prevede che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica verifichino l’esistenza di inadempimenti fiscali prima di effettuare pagamenti superiori a una determinata soglia al beneficiario.
Nonostante le misure più stringenti sulla riscossione dei debiti fiscali, la legge tutela comunque una parte della pensione considerata “minimo vitale”. Infatti, con la legge n.142 del 21 settembre 2022 è stato stabilito che non possono essere pignorate somme fino a un importo minimo di 1.000 euro mensili. Questa misura garantisce ai pensionati un reddito minimo indispensabile per vivere anche in presenza di debiti nei confronti dell’erario.
Per quanto concerne i limiti specifici applicabili ai pignoramenti disposti dall’Agente della riscossione su pensioni e altre indennità lavorative (incluso il TFR), questi variano in funzione dell’importo: si va da un decimo dell’importo totale fino a 2.500 euro fino ad arrivare ad un quinto per importi superiori ai 5.000 euro.
Queste disposizioni mirano a bilanciare la necessità dello Stato di recuperare i crediti fiscali con quella di proteggere una parte dei redditi dei cittadini considerati essenziali per garantire uno standard minimo di vita.
Cosa succede in caso di accredito su conto corrente
Anche nel caso in cui le somme dovute vengano accreditate su conto corrente bancario o postale, esistono regole precise riguardanti l’impignorabilità delle somme: se l’accredito avviene prima del pignoramento vale il principio generale sopra descritto; diversamente si applicheranno i limitazioni percentuali già menzionate (1/10, 1/7 o 1/5) basate sull’importo complessivo accreditato.
In conclusione, mentre lo Stato intensifica gli sforzi nella lotta all’evasione fiscale attraverso meccanismi come quello del controllo sui pagamenti superiori alla soglia dei €5.000 nei confronti dell’amministrazione pubblica o società partecipate dallo Stato stesso; d’altra parte cerca anche di tutelare i diritti fondamentali dei cittadini garantendo loro un “minimo vitale” impignorabile.