È stato lanciato un nuovo pericolo relativo al rischio di infarto ed ictus. Scopriamo insieme cosa è stato scoperto attraverso le analisi delle placche.
È stato riscontrato un rischio infarto ed ictus raddoppiato e ad essere in pericolo siamo praticamente tutti. Dalle analisi condotte dagli esperti, infatti, è emerso un dato molto preoccupante che riguarda ciò che è stato trovato nelle placche.
Alla luce di ciò, è importante approfondire la questione sfruttando le informazioni ottenute mediante lo studio portato a termine dai ricercatori dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli. Si tratta di dati piuttosto preoccupanti che non devono essere assolutamente sottovalutate.
Rischio infarto ed ictus raddoppiato: lo studio
Come accennato sopra, le analisi condotte dai ricercatori dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli hanno fatto emergere una realtà a dir poco preoccupante. Ad essa si è arrivati attraverso l’analisi delle placche aterosclerotiche. Non v’è dubbio che si tratta di informazioni particolarmente interessanti ma che al tempo stesso rivelano un pericolo di cui in pochi sono a conoscenza.
Nello specifico, sono state identificate depositi di grasso all’interno delle arterie, molto pericolose per il cuore. Oltre a ciò, sono state individuate infiammazioni da inquinamento, dovute alla presenza di microplastiche. L’analisi in questione ha provato che le placche arterosclerotiche spesso finiscono per accumulare microplastiche derivanti da materiali per l’edilizia, da pellicole plastificate e così via.
Lo studio è stato condotto su oltre 250 pazienti di età superiore ai 65 anni e a cui era stata eseguita un’endoarterectomia in seguito a carotidea asintomatica. Ebbene, durante l’intervento chirurgico sono state rimosse placche arterosclerotiche e alcune di esse all’analisi hanno rilevato la presenza di micro e nanoplastiche.
Coloro che avevano placche inquinate dalle plastiche è stato riscontrato un rischio di infarti o ictus raddoppiato. Il motivo risiede nel fatto che le micro e le nanoplastiche sono in grado di promuovere lo stress ossidativo come anche l’infiammazione all’interno delle cellule che ricoprono i vasi sanguigni, arrivando ad alterare il ritmo cardiaco e aumentare il rischio cardiovascolare.
Ad ogni modo, secondo l’epidemiologo Philip J. Landrigan del Global Public Health Program del Boston si tratta di una scoperta davvero rivoluzionaria che impone una serie di domande relativamente alle conseguenze dell’esposizione a microplastiche e nanoplastiche. Oltre a ciò, i dati raccolti dagli studiosi dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli devono spingere a ridurre l’uso della plastica rendendo obbligatorio un limite massimo entro cui produrla. In questo modo, infatti, i benefici riguarderanno non solo l’ambiente ma anche la nostra salute.