Grazie all’intelligenza artificiale è possibile diagnosticare il tumore alla prostata in modo precoce e aumentare le possibilità di guarigione. Ecco come fare.
La medicina ha fatto passi in avanti negli ultimi anni e ha reso possibili malattie che prima non lo erano, al punto tale da essere considerate quasi una condanna quando venivano diagnosticate. Per far sì che questo sia davvero possibile è però fondamentale puntare sulla prevenzione e sottoporsi a controlli periodici, senza avere paura di quello che potrebbe emergere. Tirarsi indietro solo per timore è infatti un comportamento davvero deleterio.
Nel caso degli uomini una delle patologie che possono spaventare maggiormente chi lo contrae è il tumore alla prostata, diffuso non solo tra che non è più giovanissimo. Chi fa parte del sesso maschile tende a essere spesso meno ligio alle visite rispetto alle donne, mentre sarebbe importante prestare attenzione a eventuali sintomi mai riscontrati prima, che possono essere un campanello d’allarme importante.
L’intelligenza artificiale può garantirci importanti miglioramenti nella nostra quotidianità, anche se c’è chi teme possa portare a sostituire l’uomo sul lavoro, portando così a un crollo importante a livello di occupazione. Mettere in evidenza gli aspetti positivi non può che essere importante, anche in un ambito importante come la medicina, dove agire d’anticipo può essere davvero provvidenziale.
È partito da poco un progetto che prende il nome di Flute, fortemente voluto dall’Unione Europea che ha deciso di sostenerlo a livello economico, volto a riuscire a diagnosticare già agli inizi il tumore alla prostata, il cancro più diffuso tra gli uomini. Svilupparlo può essere davvero importante perché può aumentare le possibilità di guarigione in chi riceve la diagnosi: si arriverà così a ideare un algoritmo che potrà dare un’indicazione al medico in merito alla necessità di accorciare i tempi n merito alla prescrizione di una biopsia per il paziente che manifesta sintomi sospetti.
Si potrebbe così evitare in alcuni casi la prescrizione di un esame invasivo, che molti preferirebbero evitare, soprattutto se sono in là con gli anni. Questo sarà possibile sfruttando i dati clinici e alle immagini di risonanza prostatica presi da un archivio comprendente migliaia di persone.
Entro un tempo massimo di tre anni sarà possibile avere un’idea più precisa della portata dell’iniziativa e migliorare il percorso per chi ha disturbi che possono essere da ricondurre alla malattia.Tra i motivi di orgoglio c’è anche l’adesione data dall’unico partner italiano, l’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori – Dino Amardori – Irccs, situato a Meldola, nei pressi di Cesena.
Come detto, la prevenzione rappresenta lo strumento migliore per aumentare le possibilità di guarire dal tumore alla prostata. L’ideale sarebbe quindi sottoporsi a una visita annuale da un andrologo/urologo, esattamente come fanno la maggior parte delle donne con il ginecologo. È bene però anche sapere quali possono essere i sintomi che possono essere da ricondurre a questo tipo di cancro e che meritano un approfondimento.
In fase iniziale la patologia può essere priva di sintomi, man mano che la massa cresce si possono riscontrare disturbi di tipo urinario. Tra questi possiamo segnalare dolore quando si urina, sangue nelle urine o nello sperma, difficoltà a urinare o bisogno di farlo spesso sensazione di non riuscire a urinare in modo completo. A questi si può affiancare l’ipertrofia prostatica. Parlarne con il medico è fondamentale, a quel punto sarà lo specialista a sottoporre il paziente a visita con esplorazione rettale e controllo del PSA con un prelievo del sangue.